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Franco Ferrarotti, “Poesie”

Posted on: 22/06/2024

Ferrarotti-PoesieFranco Ferrarotti, Poesie

Gattomerlino, Roma 2024

di Pasquale Vitagliano

Che le Poesie di Franco Ferrarotti, Gattomerlino, 2024, vengano introdotte da un “Dialogo sulla poesia” con Piera Mattei, assume un senso preciso. Nel memorabile incontro tra Pier Paolo Pasolini ed Ezra Pound, il grande poeta dei Canti Pisani definisce la poesia un discorso tra persone intelligenti, che sembra procedere a caso, mentre invece è fatto di temi musicali che si ritrovano. La poesia segue questo arco. Raggiungere talvolta momenti altissimi è già una grande impresa. Veniamo così accompagnati sulla riva da cui prendono il largo i versi di Ferrarotti.

Il dialogo qui si dipana dal significato di poesia, per aprirsi alla storia dell’umanità, della cultura, della vita stessa dell’autore, uno dei padri della sociologia italiana. “What’s happening to Europe?” Anche Ferrarotti ha potuto dialogare con Pound. Che è solo una delle voci poetiche incontrate nel suo viaggio, oltre a George Barker e T. S. Eliot, Montale, Pavese. Le radici del suo pensiero innervano la concezione della poesia. Nella “società irretita” questa è considerata un’attività inutile, perché priva di uno scopo pratico. Al contrario, «è la forma più alta di conoscenza, certamente protologica, prelogica, intuitiva, non ripercorribile da chiunque. È la straordinaria possibilità di collegare un’esperienza circoscritta, minuta, empirica, anche, se si vuole, miserabile, attraverso la metafora, a un significato universale». Della passione prigioniero emergo/ Liberato sull’ali dell’idea/ In vetta al puro pensiero m’assido/ L’ignava folla contemplar mi beo/ L’indistinto carnaio non fa storia/ Il tragico edonismo è solo scoria.

Dodici sono le tappe di questo viaggio, dal 1947 ad oggi, più un’Appendice al dialogo. Come il regista de Lo sguardo di Ulisse di Theo Angelopoulos, il poeta traghetta la propria statua interiore tra le macerie del Novecento. Cerca la propria anima frammentata dagli spasimi della vita sociale, ma, in verità, non avendola mai smarrita, la sta riportando a casa, nello sguardo del poeta-bambino. Occhieggia biancastra quale schiuma/ Il Golfo semi-assopito/ In una calma/ Assoluta/ Di primo mattino./ Dove sei? Dove sei?/ Dove sei, vita mia di un giorno afoso/ Stampa ingiallita alla finestra/ Dell’anima spenta/ Al deserto fuoco/ Del bivacco abbandonato. Cos’è questa ipermnesia, che titola anche una delle stanze della raccolta? Non è una malattia. È un viatico di salvezza. Che ci orienta e ci guida, alimentata, istante dopo istante, grazie ai sensi. Dal sapore dolciastro del sangue dell’amico agli afrori della vita quotidiana, dal suono del silenzio al tatto sensuale della pelle. Infine, i colori che sembrano addirittura dare il movimento alle parole. Le corde del tuo collo esile e forte suonerò/ Fra vita e morte/ Attenderò il segnale/ L’opale verde pallido/ Il tramonto. Per il poeta le madeleine sono la vita intera, in tutte le sue manifestazioni, in ogni suo momento. «Noi siamo quello che siamo stati. E quindi siamo ciò che ricordiamo di essere stati. Noi siamo memorie ambulanti, ricordi personificati, se viene meno la memoria viene meno tutto». Per questo, aver abdicato in favore della memoria social artificiale significa aver alienato il punto più intimo e personale della nostra identità, la sorgente primaria della nostra libertà. La poesia, come forma suprema di conoscenza, alla pari dell’amore, resta l’estremo presidio della nostra umanità. Fra parola e parola/ C’è sempre un’eco di pianto/ Il viso che non ricordo/ La lettera che non arriva/ L’infanzia.

Nella civiltà “del tornaconto”, ci ha insegnato Ferrarotti, si deve avere il coraggio di affermare il pensiero “involontario”, senza scopo, che si giustifica da sé, che è un valore in sé, opposto al pensiero formattato. Anche la poesia può e deve essere involontaria. Un verso è riuscito quando ogni parola è lì collocata perché non c’è altro posto migliore. In questo modo, la poesia, e l’arte intera, partecipano alla bellezza dell’universo. E l’universo è del tutto privo di finalità. È necessario. Involontario. Anche la poesia è necessaria, e in questa sua condizione si congiunge sempre con la libertà. Come scrive Simone Weil ciascun essere umano ha posto sulla terra grazie alla poesia, che è «il riflesso della luce celeste, che è il suo legame con la patria universale».

La terra un occhio vigile/ Il cielo una porta chiusa/ Immensa e grigia/ Solo la morte/ E un grido umano:/ La nostra sorte. Il viaggio poetico di Franco Ferrarotti è, infine, un’odissea del tempo, un viaggio verso un’Itaca dell’età. Il poeta è riuscito alla fine del viaggio a unire ragione e passione, stasi ed estasi. In questa saggezza de senectute è riuscito a realizzare per sé stesso ciò che ha sempre insegnato, muoversi stando fermi. «Ama soltanto quel che ti accade, ciò che forma la trama della tua vita», scrive Marco Aurelio nei Pensieri. Non giace la poesia in questo “amor fati”? Scrive ancora Ferrarotti nell’Appendice al dialogo. La poesia è «un’infezione aspecifica, misteriosa, incurabile. Ti cambia la vita. Ti restituisce a te stesso. Ti aiuta a diventare un individuo “autotelico”, che scopre e assegna a sé stesso lo scopo, il télos, della propria vita». Posso testimoniarlo. La poesia cambia la vita. A chi la scrive. E a chi la legge. Distillare la vita che mi resta/ Con il corpo, l’anima Il sangue e la testa/ Ogni giorno è una festa./ Neppur la notte illune è troppo mesta.

 

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