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Archive for the ‘saggi’ Category

Klee, AngelusNovus

A un anno di distanza dalla pubblicazione su questo blog dell’articolo di Daniele Maria Pegorari intitolato Cibernetica sociale e felicità (9 gennaio 2022; poi pubblicato anche nell’antologia Il gommone forato. La poesia civile del Realismo Terminale, a cura di T. Di Malta, Puntoacapo, Pasturana 2022, pp. 26-31), Daniela Bisagno, italianista e scrittrice genovese, ne commenta la tesi ivi espressa, mantenendo vivo il dibattito. L’articolo è concepito a mo’ di lettera responsiva.

Il puro, l’impuro, l’invisibile

di Daniela Bisagno

Caro Daniele,

ti devo più di una scusa, se solo adesso, dopo tanto tempo, ho deciso di raccogliere il tuo invito a esprimere qualche considerazione in merito a quel tuo articolo pubblicato sul blog di «incroci», che mi avevi mandato quasi un anno fa. Diverse sono le ragioni per cui non ho risposto con la prontezza che sarebbe stata auspicabile e che io stessa avrei desiderato, visto che l’intenzione di ragionarci (e lavorarci) sopra l’avevo, eccome. A giocare un ruolo non secondario in essa, è stato, in larga misura, il timore di addentrarmi in un territorio minato, col rischio tangibilissimo di saltare per aria al primo (incauto) movimento. Sinceramente mi sentivo (e mi sento tuttora) un po’ in imbarazzo a misurarmi con certi temi entrando nel merito di dinamiche così complicate. E non perché ritenga che non mi riguardino e non mi coinvolgano – anch’io sono una parte, minima, ma pur sempre una parte, di questo insieme complesso che chiamiamo società –, ma perché non credo di possedere né la capacità, né le competenze necessarie, e neppure il lessico per parlare con cognizione di causa di questi argomenti o per affrontarli in quest’ottica. Leggi il seguito di questo post »

Klee, AngelusNovus

Il seminario di Sociologia della letteratura dell’Università di Bari, le cui risultanze sono state ospitate nelle scorse settimane su questo blog (puoi recuperare qui tutte le ‘puntate’ precedenti), sollecita le conclusioni che seguono, sia pur ‘provvisorie’ e desiderose di suscitare ulteriori reazioni e commenti. I romanzi e i saggi dedicati all’immaginazione della città contemporanea negli ultimi tre quarti di secolo ci mostrano con lucidità alcuni processi di ridefinizione non solo degli stili di vita, ma degli stessi modelli politici. L’orizzonte che si dispiega è forse quello di una società postumanistica che si disabitua a gestire i conflitti, ne disconosce il valore positivo e si rassegna a una mera amministrazione o gestione delle procedure.

Cibernetica sociale e felicità

di Daniele Maria Pegorari

Il dibattito svoltosi nelle scorse settimane sul blog di «incroci» e le sollecitazioni di non pochi amici, colleghi, lettori e studenti, mi spingono ad appuntare alcune riflessioni intorno al potere previsionale di certa letteratura novecentesca e all’attualità del pensiero di Bauman, in vista di una comprensione del modello di società che si è definito intorno a noi in questi anni. È stato un processo molto lungo – lento ma lineare –, iniziato quasi quarant’anni fa e conclusosi con la cancellazione del modello politico liberaldemocratico, di matrice otto-novecentesca. Ora è iniziata definitivamente una fase diversa, per la quale non trovo altro nome efficace che quello di tecnocrazia. Leggi il seguito di questo post »

Klee, AngelusNovus

“I viaggi di Gulliver” di Jonathan Swift (1726), “Le città invisibili” di Italo Calvino (1972) e “Vite di scarto” di Zygmunt Bauman (2003), tre opere scritte in epoche differenti e di genere diverso. Ad accostarle è Girolamo Gaeta, sesto partecipante al seminario di Sociologia della letteratura: secondo la sua ipotesi, in tutte e tre è possibile rintracciare il bisogno di un modo diverso di viaggiare. Non lo spostamento superficiale del turista, ma quello di colui che ama scoprire «il rovescio delle cose» e per questo scopo mette in gioco tutto se stesso. Dalle pagine di questi celebri libri emerge la rappresentazione preoccupata per un’umanità fragile, solo apparentemente sicura entro le mura fortificate della civiltà che ha costruito.

Deliri, assenze, scarti: figure dell’umanità
nei capolavori di Swift, Calvino e Bauman

di Girolamo Gaeta

Ci sono due grandi viaggiatori nella letteratura occidentale: il primo è il personaggio di un romanzo di Jonathan Swift. È un medico-marinaio britannico, dallo spirito audace curioso e inquieto, che tra Sei e Settecento viaggia verso rotte e terre lontane e straniere. Scrive un diario della sua vita ricca di esperienze.

La sua prospettiva minuziosa e razionale non farà, però, che mostrare visioni ambigue. I viaggi nelle terre lontane impongono all’osservazione del marinaio-chirurgo realtà capovolte o distorte, utopiche o distopiche. Queste realtà impongono a Lemuel Gulliver di tornare col pensiero all’Europa, alle politiche di vita occidentali, per mostrarne i limiti, i vizi, le negatività. I viaggi, i naufragi e le esperienze di Lemuel, alcune delle quali rovesciano le prospettive di senso o percezione comune, sono la satira della politica e della società occidentale, ovvero della realtà e della cultura da cui il medico-marinaio proviene: grazie a una visione globale Lemuel costruisce la satira realistica del suo locale. Leggi il seguito di questo post »

Klee, AngelusNovus

Lascia sgomenti la critica che Bauman, già alla fine del secolo scorso, muoveva alla coazione al movimento della nostra società? Il suo pensiero è una ‘distopia’? La concentrazione sull’analisi della nostra irrimediabile incompiutezza significa una condanna all’infelicità? Una lettura immediata di Modernità liquida può portare a questa facile conclusione, ma poi scopriamo che i processi che il sociologo ha descritto hanno visto la luce all’inizio del Novecento: la metafora del «supermercato delle identità», ad esempio, trova la sua radice nella perdita o nella moltiplicazione delle identità di cui scrisse Pirandello. Allora, forse, la crudezza dell’analisi di Bauman è indispensabile a ritrovare il coraggio di «rimettersi in cammino», come scrive Raffaele Geronimo, in questo quinto intervento del seminario di Sociologia della letteratura dell’Università di Bari.

La scoperta dell’infelicità: i soggetti smarriti di Pirandello e Bauman

di Raffaele Geronimo

Il confronto con una delle opere più influenti sulla nostra società contemporanea, Modernità liquida (1999), di uno dei più prestigiosi pensatori di fine Novecento, Zygmunt Bauman, è tutt’oggi disarmante. Quello che abitiamo è un mondo velocissimo e in perenne metamorfosi, ma ancora diviso e discriminante, pronto a innalzare muri, a sopprimere conquiste raggiunte con fatica, non ancora in grado di trovare soluzioni per i mali esistenti, occupato a inseguire l’effimero a scapito di valori autentici e di legami veri, ricolmo di sempre maggiori dubbi, problematicità, atrocità.  ‘Incontrare’ Bauman nel nostro instabile presente significa accettare di lasciarsi scrutare dalle sue parole, in ciò che ci circonda e nel proprio io. Il suo pensiero è uno specchio lucido in cui riflettersi per poi ritrovarsi pieni di interrogativi e privi di risposte concrete, increduli e infelici. La sua è una verità nuda e cruda. E spesso noi fuggiamo dalla verità perché essa è straripante di luce, senza ombre in cui nascondere i nostri sensi di colpa. Leggi il seguito di questo post »

Klee, AngelusNovus

La rilettura di alcuni classici della letteratura contemporanea condotta nelle precedenti tre ‘puntate’ della serie “Distopie liquide” ha un ‘sottotesto’ implicito: il concetto di postmodernità o liquefazione della modernità che ha in numerose opere del sociologo anglo-polacco Zygmunt Bauman (1925-2017) la propria lezione indelebile. Allora è il caso di tornare a leggere i suoi libri più famosi, appuntandoci i passaggi più suggestivi del suo pensiero. Gianluca Cannillo, nell’ambito del seminario di Sociologia della letteratura dell’Università di Bari, ha posto al centro della sua riflessione Il disagio della postmodernità, pubblicato in Italia nel 1997 e ancor oggi vitalissimo: l’impossibilità contemporanea di pensare per utopie, lo sgomento che ci provoca lo straniero e la mutevolezza incessante delle life politics sono già tutte qui.

Bauman e il disagio dell’utopia

di Gianluca Cannillo

Una delle più grandi certezze solide e inespugnabili della torrenziale modernità è stata l’idea di ordine, di città utopica, pulita. L’idea della pulizia è la visione di uno stato di cose perfetto, dove non occorre più aggiungere o togliere nulla, che bisogna costruire e vigilmente proteggere da ogni pericolo. Essa, nemica giurata dell’entropia, della macchia, per un principio inerziale, tende a riposizionare cose che hanno assunto una posizione diversa da quella stabilita dalla norma; del resto, a rendere una cosa sporca non sono le caratteristiche intrinseche, ma il suo essere fuori luogo. Tuttavia, esistono cose per le quali nessun contesto ordinato prevede un posto appropriato; appartengono a questa categoria gli esseri mobili per natura, capaci di spostarsi da un posto all’altro senza essere né invitati né attesi. Sono esseri subdoli e nascosti, germi, batteri e virus che rendono poroso ogni confine demolendo qualsiasi orizzonte di certezza (cfr. Z. Bauman, Il disagio della postmodernità, Editori Laterza, Roma- Bari 1997, pp. 4-5), proprio come quando un virus è entrato in contrasto con l’agenda degli appuntamenti delle nostre esistenze. Leggi il seguito di questo post »

Klee, AngelusNovus

Nell’ambito del seminario di Sociologia della letteratura dell’Università di Bari, Katia Petronella prosegue la riflessione su Dissipatio H.G. di Guido Morselli, uno dei maggiori esempi della letteratura distopica in Italia, di cui l’autrice sottolinea il particolare solipsismo che caratterizza il protagonista del romanzo, il «fobantropo» senza nome, mettendolo in relazione con lo sviluppo aggressivo della tecnologia contemporanea. Questo le consente di elaborare un originale confronto con uno dei più geniali romanzi degli ultimi anni, Macchine come me (2019), di Ian McEwan: in un caso come nell’altro viene messa a tema la ‘non-vita’ di una società post-umanista. Ancora una volta si dimostra la piena attualità dei classici del Novecento. (Annarita Correra)

L’uomo è inutile: da Morselli a McEwan i timori per la fragilità umana

di Katia Petronella

Leggere nel 2021 Dissipatio H.G., l’ultimo romanzo di Morselli, è quasi come leggere delle nostre vite. Morselli descrive la scomparsa del genere umano e la vita, o forse non-vita, dell’unico superstite. Il protagonista è senza nome e non ci sono descrizioni fisiche, è irriconoscibile, a meno che non debba essere riconoscibile nello stesso scrittore, con il quale condivide la stessa sorte. Morselli, infatti, abbandona volontariamente la propria vita pochi mesi dopo la stesura di Dissipatio H.G., così come da un atto disperato di un personaggio disperato (un tentato suicidio o un suicidio realmente accaduto) si apre il romanzo. Leggi il seguito di questo post »

Klee, AngelusNovus

Prosegue la serie di riletture dei classici distopici italiani e stranieri, frutto di un seminario di Sociologia della letteratura dell’Università di Bari. La chiave di lettura è volta a scoprire e a evidenziare l’attualità di un genere letterario che ha saputo anticipare i pericoli del nostro tempo. Questa volta è Giuseppe Ferrandino a occuparsi di un confronto tra Fahrenheit 451 di Ray Bradbury e Dissipatio H.G. di Guido Morselli. Partendo dagli effetti negativi del consumismo e della velocità che genera alienazione, già affrontati in quei due capolavori (rispettivamente del 1953 e del 1973), l’autore riflette su due temi di grande attualità: la Cancel Culture e l’infodemia, quella linea sottile che separa il citizen journalism dalle fake news. (Annarita Correra)

Infodemia e Cancel Culture: Bradbury, Morselli e la società liquida

di Giuseppe Ferrandino

«Relitti» è la parola con cui inizia Dissipatio H.G. di Guido Morselli: le macchine, che dalla Rivoluzione industriale in poi scandiscono i tempi dell’uomo, in sua assenza rimangono soltanto relitti inutilizzabili. Forse la specie umana si è liberata da questa sottomissione nell’unico modo possibile: dissolvendosi. Sopravvive soltanto il protagonista, un ‘dissidente’, forse l’unico ad accorgersi di questa schiavitù moderna dell’uomo, uno spettatore della vita metropolitana che ha la sua Heimat, la sua patria ideale, in montagna. Ma anche lì arriva la violenza del progresso: una nuova arteria autostradale è l’ultimo affronto che la società moderna e capitalistica fa al protagonista, il pirandelliano fischio del treno che fa scattare in lui un meccanismo di ribellione. Tuttavia la radio tace: prova inconfutabile dell’assenza di vita umana. Leggi il seguito di questo post »

Klee, AngelusNovusI classici della letteratura distopica del Novecento invitano il lettore a riflettere sul proprio presente: sono opere che ci parlano del nostro tempo, raccontando i possibili effetti disumanizzanti del potere che oggi si rivela sempre più subdolo. Alcuni studenti magistrali dell’Università di Bari, riuniti in un seminario di Sociologia della letteratura, hanno riletto in questa chiave i capolavori di Orwell, Bradbury e Morselli, aggiornandone l’interpretazione anche alla luce del pensiero di Zygmunt Bauman. Il primo articolo è di Roberta Borrelli che, partendo da 1984 e dai sistemi di sorveglianza e repressione esercitati dal ‘Grande Fratello’, riflette sulle dinamiche che regolano il linguaggio del web e dei social network, ponendosi come una sorta di «newspeak». (Annarita Correra)

L’assuefazione al bipensiero e alla neolingua: da Orwell al web

di Roberta Borrelli

La Londra distopica di Orwell è terribile e soffocante, imbarbarita e invasa da sporcizia; i rapporti umani sono impossibili o ridotti al sospetto, il tessuto sociale si è dissolto nel magma metropolitano ed è stato agevolmente sostituito dalla presenza unica del Partito. L’occhio del controllore, posto al centro dell’edificio, diventa una metafora del Potere che tutto controlla e ordina. La maggiore caratteristica distopica è quella di un trasparente «controllo totale»: «Il volto dai baffi neri guardava fisso da ogni cantone. Ve ne era uno proprio sulla facciata della casa di fronte. IL GRANDE FRATELLO VI GUARDA, diceva la scritta, mentre gli occhi scuri guardavano in fondo a quelli di Winston. […] In lontananza un elicottero volava a bassa quota sui tetti, si librava un istante come un moscone, poi sfrecciava via disegnando una curva. Era la pattuglia della polizia, che spiava nelle finestre della gente». Leggi il seguito di questo post »

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Friedrich Hölderlin, Susette Gontard, Lettere d’amore

a cura di L. Reitani

Mondadori, Milano 2021.

di Esther Celiberti

È uscito da qualche mese negli Oscar Classici Mondadori, di Friedrich Holderlin e Susette Gontard, Lettere d’amore, a cura di Luigi Reitani, con traduzioni di Adele Netti e Andreina Lavagetto; Netti traduce le missive di Susette a Holderlin e ad un’amica. Ed è di queste che ci occuperemo senza nulla togliere alle altre già uscite nei Meridiani e qui riproposte. Leggi il seguito di questo post »

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Prestiti da gaming

di Camilla Zonno

Quella che segue è l’indagine di un’insegnante di italiano e latino nei licei intorno al dilagante fenomeno della contaminazione del linguaggio giovanile con termini provenienti dalla pratica in rete dei social gaming. Ci auguriamo che alla curiosità linguistica (che dovrà poi essere confortata dalla verifica degli effetti a medio e lungo termine) possa affiancarsi un altro livello di riflessione: come mai il 100% di questi prestiti e calchi linguistici ha un elevato contenuto di aggressività? Quali effetti psicosociali potrà avere la consuetudine massiccia di giovani e meno giovani con giochi di simulazione bellica? E questo nuovo gergo (al di là delle considerazioni glottologiche) non sarà il ‘cavallo di Troia’ che insinuerà nell’immaginario collettivo un’assuefazione alla violenza?

Siamo ormai abituati ad accogliere sempre più frequentemente prestiti linguistici o forestierismi, cioè vocaboli stranieri che sono entrati a far parte della nostra lingua e che noi utilizziamo ogni giorno più o meno consapevolmente. Si tratta di parole, per lo più inglesi, che vengono classificate come prestiti ‘di necessità’ ovvero termini assenti nel nostro vocabolario e che pertanto devono necessariamente essere importati da altre lingue: essi riguardano soprattutto il mondo dell’informatica come computer, mouse, hardware, software. Leggi il seguito di questo post »

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da Incroci 33

 

Labirinto.
Il mito della ricerca e la ricerca di un mito

 

un saggio di Milica Marinković

Il mito è un fenomeno sempre presente nella letteratura e nell’arte in generale. Oggi, più che mai, viviamo il mito del labirinto ormai staccato dal suo contesto religioso. Vivendo in uno spazio labirintico, non è facile trovare una via d’uscita. Come abbordare il mitologico in un testo se la sua presenza si dimostra troppo evidente? Come collegare uno dei più antichi miti greci con la letteratura contemporanea e i suoi eroi?

Facendosi guidare dalla storia di Teseo come filo rosso, risponde a questi quesiti Milica Marinković, dottoranda in Francesistica presso il Dipartimento di Lettere Lingue Arti dell’Università degli Studi di Bari che si occupa del sacro e del mitologico nelle letterature francofone.

 Leggi qui l’articolo: Milica Marinković, Labirinto

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da Incroci 33

 

La rivoluzione passiva dell’ISIS in Siria

 

un saggio di Marisa Della Gatta

Nelle dinamiche attuali del conflitto siriano, l’ISIS si pone come una tra le più potenti opposizioni al regime di Bashar al-Assad. Sebbene la sua nascita come gruppo militare e politico sia dovuta al vuoto di potere creatosi in Iraq con il governo sciita di al-Maliki, l’ideologia dell’ISIS ha trovato terreno fertile per il suo sviluppo in territorio siriano. Il presente articolo ha lo scopo di analizzare l’evoluzione della proposta dello Stato islamico in Siria e il tipo di alternativa da esso rappresentato.
L’autrice, dottoranda in Politica e relazioni internazionali presso la Macquarie University (Sydney, Australia) con un progetto di tesi sullo status delle comunità diasporiche siriane, lo legge non come un movimento estraneo alla storia siriana, bensì come un fenomeno organico al fondamentalismo siriano e come un tipo di rivoluzione passiva, secondo un’opportuna rilettura di Antonio Gramsci.

 Leggi qui l’articolo:  Marisa Della Gatta, La rivoluzione passiva dell’ISIS in Siria

 

di Francesco Granatiero 

I poeti e i cultori di dialetto sono gelosi della loro grafia. È difficile che improvvisati pionieri della scrittura della propria madrelingua accettino di integrare una trascrizione molto approssimativa o, più frequentemente, di lasciar cadere gli eccessi di segni diacritici che rendono difficoltosa la lettura.

È lodevole che più autori di uno stesso centro si mettano d’accordo e cerchino una soluzione comune. Così, per esempio, l’ “Accademia della lingua barese” che si ispira alla grammatica di Alfredo Giovine e i dialettali del sodalizio “La Putèca” di San Marco in Lamis (Fg). Il principale difetto di questi gruppi, oltre che dei singoli autori, è però spesso quello di non tener conto delle altre parlate più o meno prossime della loro stessa area linguistica. Ne deriva una babele di scritture che, oltre a non giovare alla comprensione, finisce per compromettere proprio quella dignità di lingua che ogni dialetto ha e che molti di costoro, così facendo, credono di difendere. Leggi il seguito di questo post »

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da Incroci 33

 

Estetica della fotografia.
Da un peccato originale ai problemi dello stile

 

 un saggio di Pio Tarantini

Le problematiche legate alla definizione del concetto di estetica, soprattutto in rapporto al linguaggio della fotografia, sono numerose e complesse: attraverso un excursus che parte dai concetti di base, Pio Tarantini approda alle riflessioni più attuali sulla lettura dell’immagine fotografica secondo possibili canoni estetici. Pio Tarantini (Torchiarolo, 1950) è un rappresentante della fotografia italiana in quanto autore e studioso; alle sue numerose esposizioni affianca il ruolo di docente di linguaggio fotografico e di pubblicista. Il suo più recente volume è la raccolta di articoli Fotografia araba fenice. Note sparse tra fotografia, cultura e il mestiere di vivere (Quinlan, Bologna 2014).

 Leggi qui l’articolo: Pio Tarantini. Estetica della fotografia 

Cose dell’altro mondo. Metamorfosi del fantastico nella letteratura italiana del XX secolo, Pisa, ETS, 2012, a cura di Patrizia Farinelli.

 

 

di Paolo Leoncini

 

Si tratta di un volume collettaneo di portata davvero rilevante: raccoglie gli Atti della «Giornata di studi» tenutasi alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Lubiana il 29 ottobre 2009. È dedicato alla memoria di Filippo Secchieri, uno dei più significativi teorici della letteratura italiani, immaturamente scomparso nel marzo 2011: il quale, della «Giornata» lubianese era stato il più convinto fautore e, come scrive Patrizia Farinelli, l’«animatore». Leggi il seguito di questo post »

 da incroci 29, sezione ‘Saggi’

STRATIGRAFIE TESTUALI DELLA “GRANDE BELLEZZA”

   Un intervento di Daniele Maria Pegorari

 

Al culmine di una formidabile serie di premi cinematografici internazionali, La grande bellezza di Paolo Sorrentino ha ricevuto anche l’Oscar 2014 come miglior film straniero, spinto certamente dal fascino di una fotografia inusuale per il cinema italiano e dall’interpretazione magistrale degli attori, Tony Servillo in testa. La pellicola ha diviso, ça va sans dire, la critica italiana, soprattutto in ordine ai debiti che essa contrae con La dolce vita, col conseguente dibattito intorno all’ossessione dell’originalità.

Nelle pagine che seguono si propone una riflessione – laica e filologica – intorno alla scrittura del film, nella quale, accanto al capolavoro felliniano, compare una ricca rete di allusioni letterarie, musicali e figurative, che ne fa uno dei ‘ragionamenti’ più amari e consapevoli della post-realtà contemporanea. C’entra qualcosa il misterioso ringraziamento rivolto dal regista a Maradona?

 leggi qui il saggio di Daniele Maria Pegorari


da incroci 26

cronaca di un convegno di Antonella Squicciarini

In occasione della ‘Giornata mondiale del libro e del diritto d’autore’ promossa dall’Unesco, il 23 e il 24 aprile 2012 si è tenuto a Bari il convegno sul libro e la lettura “Biblìon. Un bene comune del XXI secolo”, grazie a un’originale triangolazione fra l’Università degli studi “A. Moro”, la sezione pugliese dell’Associazione Italiana Biblioteche e l’Associazione Pugliese Editori. Si è trattato del primo tentativo di chiamare alla riflessione e al confronto l’intera filiera della lettura come produzione/consumo di beni materiali (i libri, analogici o digitali) e immateriali (la ricerca, l’insegnamento, il senso critico), nella convinzione che senza un ‘ecosistema della conoscenza’ sia impensabile un vero progresso civile, sociale ed economico. Di questo convegno, che si è svolto sotto il patrocinio della Commissione Nazionale Unesco e del MIUR, leggiamo la sintesi redatta da Antonella Squicciarini. Leggi il seguito di questo post »

 Cinquant’anni fa si spegneva Hrand Nazariantz, forse il primo poeta allofono della letteratura italiana. Aveva scelto Bari come terra d’esilio e qui si prodigò per dare accoglienza a un’intera comunità di armeni in fuga dalla pulizia etnica turca.

Il numero 25 di incroci torna ad interrogare questa affascinante figura di poeta e intellettuale, mediante due contributi: un saggio di Dorella Cianci, che pubblichiamo oggi, e una recensione di Francesco Medici a Hrand Nazariantz, Fedele d’Amore, una raccolta di saggi di recente uscita, che invece vi presenteremo nei prossimi giorni.
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La sera del 24 gennaio 2012 è morto in un incidente stradale il più noto regista greco, Theodoros Angelopoulos, nato ad Atene nel 1935 e formatosi cinematograficamente a Parigi, dove era stato esiliato nel 1967, durante la dittatura dei Colonnelli, a causa della sua militanza giornalistica a sinistra. La sua lezione artistica merita di essere ricordata, ora che la crisi culturale europea ch’egli denunciava è stata resa forse definitiva dalla grande contrazione economica che più di ogni altro Paese ha fagocitato la sua Grecia.

Per questo incroci ha voluto dedicargli un approfondimento, articolato in due tempi: un intervento del critico cinematografico Vito Attolini, che riportiamo qui sotto, e una intervista rilasciata tempo fa a Raffale Nigro, che invece pubblicheremo prossimamente.

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da incroci 25 – sezione saggi

Un incrocio all’ennesima potenza quello presentato per noi da Teresa Zonno, che, dopo aver avviato la carriera come filosofa e classicista (Roma, Oxford), è stata lettrice di lingua e letteratura italiana presso le Università di Oxford, Heidelberg e Berlino. Qui, nel 1993, ha fondato il Laboratorio Teatro Tra le Righe, che attualmente dirige.

Il suo intervento descrive un progetto concepito e realizzato all’interno del Laboratorio con il supporto della Comunità europea (Programma Connect 99), in collaborazione con diverse istituzioni universitarie e teatrali europee.

Il progetto è intitolato Ywan Goll: ricognizioni multimediali nel surrealismo europeo, e i risultati della ricerca sono stati commentati nel volume Iwan Goll – Intersezioni testuali e multimediali, a cura di T. Zemella, Clueb, Bologna 2002.
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«incroci» – semestrale di letteratura e altre scritture

direzione: Lino Angiuli •  Daniele Maria Pegorari • Raffaele Nigro

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