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Archive for the ‘inediti’ Category

La Parola della Grande Madre

una prosa di William Vastarella

Ho perso la mia vita a lavorare di cesello,

a limare le matite, la grafite, mentre con uno sbuffo

le pareti dello stomaco di pietra della terra, in un istante,

della stessa materia fanno un diamante.

 

So che c’è una parola, una parola così potente, così potente da mutare il pensiero in cose.

Fu trovata anticamente nei tentativi delle infinite permutazioni dei suoni possibili della lingua dell’Homo Sapiens.

Ventisettemila anni fa tra gli spasmi la disse una giovane donna morendo durante il parto.

Questa donna è sepolta come Magna Mater, coronata da una calotta di conchiglie, nella grotta di Santa Maria d’Agnano sotto Ostuni.

Per secoli è stata venerata sotto diversi nomi divini dai popoli della Terra.

La parola fu custodita da una casta di sagge incorruttibili quando le donne erano matriarche. Leggi il seguito di questo post »

Il prossimo numero di «incroci» (il quarantunesimo, in uscita a giugno 2020) sarà dedicato a un tema tanto universale e vasto da averci finora sconsigliato di affrontarlo: l’amore. Ma, dopo 20 anni di lavoro, ci è sembrato naturale farne il nodo tematico delle nostre creazioni e riflessioni. In vista di quel fascicolo, proponiamo qui un breve racconto dedicato a quello che Novalis definiva «il più alto mistero», ovvero l’unione fra l’uomo e la donna come iniziazione al sacro (e al sacro guarderà un successivo numero di «incroci»: il nostro cantiere ferve…). Marcel, il protagonista di queste pagine, avverte che l’amore è inconscio anelito all’Unità, tensione alla totalità dell’essere, ricordo oscuro di un tempo che precede la Storia, prima della Caduta; l’amore è desiderio di un incontro preparato dai primordi e atteso nel tempo, è l’appuntamento che chiude il Cerchio del Tempo.

Il vicolo era stretto, maleodorante. Una fioca luce appannata disegnava tremolanti losanghe sul selciato lucido di pioggia. La lanterna cigolava e oscillava al vento gelido dell’Armorìca. Anche il sorriso di santa Novala appariva ora spento, smorto, appannato. Sotto l’arco dell’edicola sbrecciata, i bianchi occhi di calcare parevano indicargli un’insegna corrosa, sbiadita dal tempo. “Töhne” si leggeva a rilievo nel muro smattonato, soffocato dalla muffa verdastra che ricopriva l’edificio. Leggi il seguito di questo post »

IN / DA / PER / IN / SU / CON la PUGLIA

 

testi inediti di Domenico Laviola

 

 

La Puglia continua a vivere un momento di celebrità turistica e di notevole attenzione da parte di un pubblico sempre più numeroso, che ne scopre con crescente interesse le molteplici e variegate risorse. Dopo anni passati al nord, Domenico Laviola è rientrato in Puglia per vivere, lavorare e scrivere in uno dei “Borghi più belli d’Italia”, dove prova a sondare l’anima della regione e a trascriverla senza fare ricorso a cartoline, clichet e dèja dit.

(Se vuoi leggere i testi di Domenico Laviola in formato pdf clicca qui: Testi Laviola)

 

 

Intifade pugliesi

 

Abbiamo avuto anche noi

i nostri territori occupati

le nostre Intifade pugliesi

territori occupati dal machismo ufficiale

 

Abbiamo coltivato la violenza

la cultura dell’affronto

invece di vederle come scorie

di retaggi primordiali Leggi il seguito di questo post »

nelle curve del silenzio

di Antonio Giampietro

Dopo le quattro puntate apparse già nel 2015, riprendiamo volentieri le ‘corrispondenze dal mondo buio’ che raccontano lo spazio come microcosmo intimo, oltre che come geografia reale. Il breve brano che segue è la graditissima anticipazione della seconda raccolta lirica di Antonio Giampietro, Nelle curve del silenzio, ricca di illustrazioni originali di Michele Condrò (autore anche della copertina che qui pubblichiamo), che in questi giorni esce per FaLvision editore.

 

 

 

Sulle strade di Nazareth

Sulle strade di Nazareth, respiro la notte. Passa veloce la strada, non è fredda l’aria che mi sfugge, ombra a ombra.

Corro sulla breccia: che odore di musica nel vento! E misto a questi fumi, nel braciere di questi uomini, un sapore dischiuso: la carne aromatizzata è in tutti i vicoli della città, nelle insenature del cuore.

Non mi fermo, proseguo lungo il percorso della sera, ogni gesto che sfugge alla mia estasi rimbalza nell’aria semi calda di un dicembre estivo.

Ora mi scuoto, sono di fronte ad un intrico di viuzze che si inerpicano nel ventre di questa città, di questo antico paese che continua a vivere, oltre le mura degli anni. Sondo il selciato, solleticato dalla polvere del tempo, mi risponde a tocchi di malinconia. Leggi il seguito di questo post »

di Antonio Giampietro

Una serie di luoghi sorprendentemente raccontati da qualcuno che il mondo non rinuncia a percorrerlo anche se non può vederlo. Viaggi da un microcosmo intimo a una geografia reale: reale e dura.

 

 

 

La nave per la Grecia

 

Non pensavo ci fosse tanto traffico alla partenza dei traghetti. Da bambino andavo spesso con mio padre ad assaporare quell’odore un po’ rancido, ma deliziosamente nostalgico, che lento si solleva dal calmo e silenzioso mare del porto. Mi sorprese, dunque, la coda che facemmo per salire a bordo con l’auto: perdemmo in quella manovra almeno un’ora. Leggi il seguito di questo post »

di Antonio Giampietro

Una serie di luoghi sorprendentemente raccontati da qualcuno che il mondo non rinuncia a percorrerlo anche se non può vederlo. Viaggi da un microcosmo intimo a una geografia reale: reale e dura.

 

 

 

Il Trentino: la vertigine dell’essere

Il giallo e il verde sono i colori che riempiono la memoria quando penso al Trentino. Sono i colori della bellezza e della ricchezza di quella terra, i colori degli odori che gonfiano il cuore, i ricordi, le lunghe passeggiate, i tuffi freddi nei laghi, le corse nei boschi, nei prati, lungo i fiumi o i vecchi binari di treni che forse non passano più. Il Trentino ha la consistenza della plastica dura di un camion giocattolo, di quelli che raccolgono le pietre, un camion giallo con la cabina liscia, senza vetri, di cui si possono toccare i sedili, il volante e le marce; col rimorchio, attaccato rigidamente alla motrice, e il porta-pietre mobile di una plastica liscia ma a righe in rilievo, che si solleva posteriormente per permettere di svuotare il carico. Le mie mani affondano nel ricordo del Trentino attraverso la vertigine che mi prende quando mi rivedo ad accarezzare quella plastica, ad annusarla, quasi fosse una droga benefica, a perdermi nel suo odore pulito, vergine, di plastica appena forgiata, pura nella sua artificialità immacolata. Leggi il seguito di questo post »

di Antonio Giampietro

Una serie di luoghi sorprendentemente raccontati da qualcuno che il mondo non rinuncia a percorrerlo anche se non può vederlo. Viaggi da un microcosmo intimo a una geografia reale: reale e dura.

 

 

Da Parigi a Mosca: l’odore del comunismo

Mio padre mi portava spesso a vedere gli aerei decollare e atterrare, durante la mia infanzia e la mia adolescenza. Abitavamo non troppo lontano dall’aeroporto; li sentivo sempre passare sulla mia testa e, dal terrazzo del mio palazzo, la pista dove i velivoli prendevano la rincorsa verso il cielo sembrava fosse possibile toccarla allungando il braccio.

Nel 1982 eravamo in Calabria, era estate, ed io correvo sulla sabbia che rifletteva il sole. I miei genitori bisbigliavano fra loro, non capivano: perché quel bambino incespicava anche se non c’era alcun ostacolo? Cosa vedeva nell’aria di fronte a sé, tanto forte da impedirne la corsa libera e da costringerlo a tastare l’aria per procedere verso il mare? Non capivano, le giornate passavano e credevano di esser pazzi, che il proprio figlio avesse delle visioni. Leggi il seguito di questo post »

di Antonio Giampietro

Una serie di luoghi sorprendentemente raccontati da qualcuno che il mondo non rinuncia a percorrerlo anche se non può vederlo. Viaggi da un microcosmo intimo a una geografia reale: reale e dura.

 

 

 San Paolo: l’idillio e l’inferno

Mi è sempre piaciuto correre, chissà, forse perché mi aiutava a sentirmi libero, a non percepire i miei limiti, anzi a sfidarli. Quattro portoni in un condominio, un porticato diviso in quattro parti da tre coppie di scalini, un giardino di tremila metri quadri, una strada perimetrale di trecento metri: la mia pista di atletica. Il profumo della mia libertà aveva l’aria di quel giardino, la forma di quel giardino, i colori offuscati di quel giardino; sì, offuscati perché li percepivo appena, attraverso la mia visione laterale.

Il mio modo di vedere la realtà, di guardare il mondo attorno a me, è sempre stato diverso, me ne sono reso conto subito: non amavo la compagnia di troppi bambini e loro, del resto, un po’ mi evitavano, anche quelli che mi volevano più bene quando si stava in gruppo tendevano a isolarmi. La mia vita era un sogno, la mia fantasia mi conduceva in mondi lontani… Ero un principe, un re, avevo un regno, ma stranamente il mio regno era abitato solo da pochissime persone, le persone che mi erano accanto, i miei fratelli su tutti. Leggi il seguito di questo post »

 valigia_cartone Veniamo dalla notte e nella notte andiamo

(Vincente Gerbasi)

Burzaco 15 settenbre 1953

 

Caro Ziolonardo  e Ziamarietta e cuggino Frangesco,

 ti vengo affare assapere  con cuesta lettera che ti scrivo annome  puro di papa e mama, siccome che loro sono alfabeti, che  siamo arrivati in Argentina tutto bene graziaddio e così speriamo di voi. Ma doppo un viaggio mangolicani, io mi penzavo di non arrivare più.

I primi giorni sopra al bastimendo abbiamo gomitato puro il stommaco parlanno con decienza. Inbece doppo tanti e tanti giorni di acua e cielo, cielo e acua, il bastimendo è trasuto dentro a un mare tutto marrò, eppoi dentro al porto di Buenossaire. Che non telo pozzo contare cuandè. Là ci stavano a spettare con granda condendezza papa e Ciccillo Tubbanaro, como lo chiamavano al paiese. Inbece qua si fa chiamare don Frazisco.  Leggi il seguito di questo post »


«incroci» – semestrale di letteratura e altre scritture

direzione: Lino Angiuli •  Daniele Maria Pegorari • Raffaele Nigro

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