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Fernanda Rossini, “John Steinbeck. Voce inquieta del sogno americano”

Posted on: 22/06/2024

Rossini SteinbeckFernanda Rossini, John Steinbeck. Voce inquieta del sogno americano

Ares, Milano 2023

 di Sergio D’Amaro

La prima impressione dopo aver attraversato i sessantasei anni di vita di John Steinbeck nell’appassionante biografia, John Steinbeck. Voce inquieta del sogno americano, la prima in Italia fatta da Fernanda Rossini (pp. 232, € 18), è di conoscere meglio com’è fatta e come è diventata l’America tra gli anni Trenta e gli anni Sessanta del Novecento. Qualcuno ancora dice, malgrado il Nobel a lui dato per la letteratura nel 1962, che non arriva ai vertici di un Hemingway o di un Faulkner. Lasciamo le graduatorie non sempre simpatiche e veniamo al suo percorso che non è stato certo una passeggiata più o meno piacevole in mezzo all’umanità.

Anzi, la sua è stata una vita di impegno, anche come reporter insieme ai contadini arrivati in California dal Midwest nel turbine della Grande depressione dei Thirties, con la deflagrazione del cosiddetto Dust Bowl, la ‘’conca di polvere’’, cioè le grandi tempeste di polvere che imperversarono in quell’epoca e che costrinsero allo spostamento di grandi masse verso ovest, i cosiddetti ‘’Okies’’. Steinbeck si ritrovò così nella tragedia di un’America ben lontana dalla dimensione di terra promessa che sembrava stampata nel suo DNA e ne trasse la densa materia del suo capolavoro The Grapes of Wrath uscito nel 1939 (letteralmente ‘’i frutti dell’ira’’ ma conosciuto in Italia come Furore, subito trasposto sul grande schermo da John Ford l’anno dopo con dei maiuscoli Henry Fonda e Jane Darwell), che resta a tutt’oggi uno dei migliori romanzi su un esodo emigratorio di portata epocale e quindi diventato modello anche popolare capace di ispirare celebri star della musica come Woody Guthrie con The Ballad of Tom Joad del 1940 e Bruce Springsteen con The Ghost of Tom Joad del 1995.

Steinbeck aveva una penna prensile e incisiva ma faticò per farsela apprezzare. Già prima di arrivare alla sua opera matura aveva mostrato una viva sensibilità per la causa degli ultimi e ne aveva già fatto un rapido schizzo di personaggi esemplari nel suo precedente Uomini e topi. Le vicende particolari dei protagonisti e dei comprimari sono il riscontro reale di un destino o di una condizione più generale, simbolica, che si ritrova nella parabola della vita umana e nel significato della sua essenza universale. Lo scrittore nato nella californiana cittadina di Salinas a qualche chilometro dall’oceano Pacifico non si stanca mai di inserire nei suoi racconti un’intenzione morale, una finalità edificante giusto a fronte di strade che sembrano portare ad un vicolo cieco e che sono invece l’inizio di una resurrezione, di un possibile riscatto.

Per capire il mondo mentale di Steinbeck, così come indicato nelle pagine di questa biografia, occorre partire dal pensiero ateleologico, senza finalità, per cui ‘’tutto ciò che è, è così’’ e non deve essere indagato mettendo insieme in modo forzato e ossessivo cause ed effetti. In tal modo ci si sintonizza con l’orizzonte della realtà che svolge la sua attività senza essere mossa da fini precostituiti, ma si autoproduce in una catena di stati di cose che collidono fatalmente con la mentalità umana media che cerca risposte di tipo appunto finalistico. In un certo senso, si potrebbe dire che in tal modo anche l’organizzazione del testo letterario o dell’opera d’arte ‘’avviene’’ secondo una necessità strutturale e simbolica assolutamente ‘’ateleologica’’, imprevedibile.

Steinbeck lavora sui dati, si documenta in maniera scrupolosa, è presente sul campo e vuole vedere di persona che cosa sta combinando la realtà degli uomini. Così è in Europa sui campi di battaglia della Seconda guerra mondiale, il cui resoconto riversa puntualmente in Bombs away: The Story of a Bomber Team del ’42 (uscirà molto più tardi in Italia col titolo Missione compiuta. Storia della squadra di un bombardiere durante la Seconda guerra mondiale). È un’esperienza importante anche per un tipo robusto come lui, abituato per carattere e prestanza fisica a fronteggiare l’impatto delle tragedie più buie, che lo stimola a rielaborarla in The Moon is Down (tradotto tempestivamente in italiano come La Luna è tramontata), bel romanzo antimilitarista che conferma le convinzioni dello scrittore e ne ribadisce l’impegno per la pace e per i diritti umani inalienabili. Dopo la fine della guerra lo scenario cambia. Steinbeck volta pagina con la sua seconda moglie Gwendolyn (Gwendy) Conger, da cui ha avuto due figli, e il trasferimento a Manhattan in una casa degna di un nome famoso. È l’ora di Elaine Anderson Scott, la donna che lo accompagnerà ferma e operosa fino alla fine dei suoi giorni e vedrà l’astro di John stagliarsi nel cielo più alto della letteratura americana del ‘900 insieme ad Hemingway, Faulkner e a pochi altri. 

Con l’avvento dell’era di Eisenhower e della Guerra Fredda l’America è in piena ripresa economica e conosce un concitato sviluppo sociale e culturale. Per lo scrittore californiano, impegnato a fare anche il padre dei suoi figli, la sua antica valle di Salinas diventa il luogo simbolo in cui ambientare il nuovo romanzo che prende ispirazione da un versetto della Bibbia e s’intitola East of Eden (tradotto in italiano come La valle dell’Eden e diventato un famoso film dell’amico regista Elia Kazan con James Dean e Julie Harris). È la parabola di una famiglia lungo tre generazioni, con al centro il destino del singolo, la sua capacità di affrontare le traversie della vita, le contraddizioni degli opposti in cui cade, la vischiosità dei sentimenti e dei pregiudizi da cui si può uscire facendo leva sulla propria libertà di scelta. L’opera appare come una sintesi non troppo nascosta del pensiero dello scrittore, volta appunto a riassumere il suo punto di vista su qualità umane e destini futuri.

E questo prima che la deflagrazione della società dei consumi faccia gridare all’abbandono dei valori fondativi che hanno fatto la nazione americana nata dalla rivoluzione. Lealtà, onestà, coraggio, onore paiono a Steinbeck ideali dimenticati, quelli fatti propri da alcuni suoi personaggi. Nel ’60 intraprenderà un lungo viaggio, solo col suo cane Charlie a bordo di un vecchio furgone (diventato puntualmente Travels with Charlie in Search of America uscito nel 1962, edizione italiana nel 1969), attraversando tutti gli Stati Uniti e restando scandalizzato per come viene affrontato nel Sud del paese il problema degli afroamericani costretti ad una discriminazione razziale insopportabile (più tardi si schiererà apertamente per le ragioni della Marcia di Selma del 1965 organizzata da Martin Luther King). ‘’L’America – dirà Steinbeck – è diventata una terra scontenta’’, e così intitolerà la successiva sua opera, The Winter of Our Discontent, tradotta come L’inverno del nostro scontento da una verso del Riccardo III di Shakespeare.

L’andamento degli avvenimenti che seguiranno negli anni ’60 conferma la tendenza negativa di tutto questo: crisi dei missili a Cuba, assassinio di John e Bob Kennedy, assassinio di Luther King, impegno sempre più drammatico nella guerra del Vietnam, cui Steinbeck non fa mancare la sua presenza come reporter. Tutti questi spostamenti e una girandola vorticosa di viaggi nelle più disparate parti del mondo, ormai condottovi dalla sua fama di scrittore implicato su tutti i fronti, non solo quello bellico, gli fiaccano però il fisico che cede definitivamente alla fine del ’68, quasi alla vigilia di quel grande balzo verso la Luna che sembra aprire uno squarcio di meraviglioso futuro per l’umanità, per poi essere abbandonato pochi anni dopo come una superlativa prova d’orgoglio nazionale. Il patrimonio letterario lasciato da Steinbeck risulta ingente: merito della Rossini aver delineato gli interni della sua vita privata, averne portato allo scoperto la sua più intima personalità, il suo mondo ideale e artistico messo a dura prova da un secolo così terribilmente sottoposto ai più radicali cambiamenti della scena storica.

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