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Martina Campi, ( ) – Partitura su riga bianca

Posted on: 23/12/2022

campi

Martina Campi, ( ) – Partitura su riga bianca

Arcipelago Itaca, Osimo (AN) 2020

di Francesco Lorusso

Siamo nell’era in cui la tecnologia ci fornisce mezzi di produzione video/sonori e fotografici che, già prima dello scatto, permettono, ad esempio ad un’immagine, una sorta di imbellettatura: un offuscamento di parti che si vogliono mettere meno in risalto, o ricampionamenti cromatici, ad opera degli stessi mezzi tecnologici in piena autonomia, di zone percepite come poco utili, esaltando, amplificando, di contro, alcuni elementi del reale, saturando e appaiando sfumature che, da racchiuse in uno schermo, tornano a noi quasi in un unico gradiente di tinta, influenzando anche il nostro modo “naturale” di vedere (e di pensare). Ciò che ci circonda viene, dunque, inevitabilmente modificato, fino anche a condizionare inconsapevolmente i suoni e le parole che pronunciamo. Tutto il “reale”, visto attraverso questi moderni diaframmi, si ritrova alterato nei suoi spettri di significato/significante.

Con questa forza di penetrante e densa saturazione, si presentano i versi del volume di poesie di Martina Campi, nata a Verona nel 1978, poetessa e performer, fra gli organizzatori, anche, di quella fervente realtà di questi ultimi anni che è Bologna in Lettere. Vincitore della 5a edizione del Premio editoriale “Arcipelago itaca”, casa editrice di Osimo (AN) guidata con grande perizia e passione da Danilo Mandolini, questo interessante lavoro poetico della Campi porta il titolo ( ) – Partitura su riga bianca (proprio due parentesi tonde vuote, con il quasi sottotitolo che rivela anche la parallela vocazione dell’autrice).

Alla lettura, ci si rende subito conto che la poesia di Martina Campi, pur muovendosi in una “luce faticosa”, sa creare con facilità spostamenti di equilibri timbrici e cromatici, tali da appararla a quanto ci hanno abituato i nuovi mezzi visivi digitali. Si tratta di modulazioni intrise di quella ambigua saturazione e di quel surplus cromatico degli ambienti moderni da cui la stessa poesia nasce, in cui vive, e verso i quali si pone, forse, come compensazione estetica, volta a colmare il vuoto e la superficialità che caratterizzano il contemporaneo: «luci cadevano centralizzate / […] // un volume che corrispondeva al giusto / livello di soddisfazione e un pelino in più / poi distorto il suono, quel tanto da rumoreggiare».

Quelli di Martina Campi, sono suoni e fotogrammi affastellati e distorti, frame, immagini rapide che si sovrappongono, che frammentano la visione e ne restituiscono soggettive diverse, permettendoci (quasi) una completa riappropriazione di ogni sfumatura cromatica della nostra vita: quello che l’arte e la poesia hanno come compito principe.

I rapidi cambi di inquadratura che si susseguono nei versi di questo volume, danno l’impressione di trovarsi davanti a riflessi luminosi artificiali che rimbalzano superficialmente, facendosi metafora delle nostre identità oggi facilmente mutabili, condizionabili da una semplice variazione cromatica psichedelica. Ma, al di là di come possa farci apparire fugacemente colorati, brillanti, una luce esterna, la Campi ci suggerisce quanto sia necessaria una lettura di noi, di quel che siamo, più profonda, senza infingimenti, confrontandoci con gli altri e fuori dai ritmi incalzanti che non lasciano spazio alla riflessione interna; ciò, proprio con la poesia quale strumento veicolatore: «Parlano senza vocali le menzogne / sudate da una stretta di mano / mentre fai sì con le teste e la bocca / intanto dice tutti i no di una vita intera.».

La sua riflessione si muove nella consapevolezza che oggi non siamo più in grado di vivere fuori dai “trambusti” (vuoti) dei social e dai suoi ambienti virtuali ricolmi di immagini ritoccate digitalmente, dai suoi proclami leziosi e consolatori, che, soggiogandoci, stanno facendo perdere orientamento a quel po’ di umano che resta fra noi, senza farci rendere conto che “La strada è senza luci / la realtà da qualche altra parte / dicono che domani / sarà un buon giorno”.

I versi di Martina Campi sono “vento”, fatti per rimanere nel vento; si avvicinano alle cose, le sfiorano, le toccano, le descrivono. Come il vento, si infilano nelle nostre anime, ma, poi, proseguono nell’aria il loro cammino e, al pari della musica, dotata di una potenza penetrante immensa, “interstellare” e allo stesso tempo immateriale, la loro forza finisce col finire del suono.

Come ogni spartito scritto con rigore, tutto il volume è ricco di numerose didascalie e indicazioni agogiche come binario interpretativo. Alcune liriche presentano parole o interi versi inseriti fra parentesi o posti con spaziature larghe, quasi a margine, o, ancora, uniti a segni grafici come trattini, barre, parentesi solo aperte o solo chiuse, come a suggerirci che si tratta di un testo parallelo che si sta muovendo insieme a quello principale, facendogli da controcanto. Ciò costringe a una rilettura e reinterpretazione dei versi, a una rianalisi della parola, a una rivalutazione della sua multipla gamma di significati, cosa che ci conferma quel susseguirsi di sequenze ricche di immagini, inquadrature e luci, anche discordanti, di cui si parlava all’inizio, e che, in queste pagine, si fanno anche suono.

Parliamo di suono, riferendoci al suono in senso prettamente musicale, in quanto ( ) – Partitura su riga bianca sembra proprio il brogliaccio di una suggestiva performance, fatta di parole, luci e musica. Più si procede nella lettura di Martina Campi, infatti, più si resta incantati sia dai singoli versi, sia dalla struttura costruttiva di tutto il volume. A conferma della tesi che il libro sia impostato come una rigorosa “partitura” performativa vi è la disposizione delle 8 sezioni che lo compongono e i relativi titoli, in perfetta nomenclatura musicale: “Parti/Silenzio”, “Riga/Suono”, “Parti/Silenzio II”, “Riga/Suono II (suite in 2 parti con Elliott Smith)”, “Parti/Silenzio III”, “Riga/Suono III”, “Parti/Silenzio IV”, per poi chiudere con “Riga/Silenzio”, costituita dalla sola pagina bianca con al centro due parentesi tonde vuote, ad indicare la pausa (silenzio) in senso musicale e che, al contempo, evidenzia il riferimento della Campi al brano 4 minuti, 33 secondi del compositore statunitense John Cage. Ci troviamo senza ombra di dubbio di fronte ad una poesia ispirata e accompagnata da musica; lo si rileva facilmente nelle liriche delle sezioni “Suono”, liriche che si chiudono con versi di canzoni, da John Lennon a Will Oldham, passando per i Talking Heads e arrivando a Riccardo Sinigallia, e altri.

All’interno delle sezioni, i versi si muovono liberi sulla pagina, seguendo una struttura e uno sviluppo irregolari, per assecondare esclusivamente il pensiero e il dialogo diretto con i brani musicali che li sottendono (fanno eccezione, risultando più omogenee, solo le sezioni centrale e la penultima). Sono variazioni dei tempi, queste, necessarie ad alternare e confrontare la metrica musicale con quella poetica, entrambe forti, e quindi, spesso, non in grado di procedere affiancate.

Alla accesa multicolorità della poesia di Martina Campi, fanno da contrasto, o meglio lavorano in controtempo, i due disegni di Francesco Balsamo, che, con il loro asciutto bianco e nero, accompagnano il volume in apertura e chiusura. A rendere il libro ancora più ricco, contribuisce, inoltre, la corposa, attenta e precisa presentazione al testo, che, in prefazione, ci regala la perizia di analisi che da sempre contraddistingue ogni scritto di Sonia Caporossi.

Non ci resta, quindi, che metterci alla lettura di questo libro, consapevoli di trovarci difronte ad uno “spettacolare” gioco di luci, immagini, suoni e parole, a tratti accecanti ed epilettici, pronti a farci sorprendere da quella dose di “reinterpretazione” e “improvvisazione” che i versi, così disposti da Martina Campi sulla pagina, prevedono e pretendono.

1 Response to "Martina Campi, ( ) – Partitura su riga bianca"

L’ha ripubblicato su RIDONDANZEe ha commentato:
Alla accesa multicolorità della poesia di Martina Campi, fanno da contrasto, o meglio lavorano in controtempo, i due disegni di Francesco Balsamo, che, con il loro asciutto bianco e nero, accompagnano il volume in apertura e chiusura. A rendere il libro ancora più ricco, contribuisce, inoltre, la corposa, attenta e precisa presentazione al testo, che, in prefazione, ci regala la perizia di analisi che da sempre contraddistingue ogni scritto di Sonia Caporossi.

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