Guido Gozzano, “… ma lasciatemi sognare”
Posted 25/02/2024
on:Guido Gozzano, “… ma lasciatemi sognare”: La via del rifugio – I colloqui
a cura di Maria Teresa Caprile
presentazione di Francesco De Nicola
saggio introduttivo di Vincenzo Gueglio
Gammarò, Sestri Levante 2023
di Lino Angiuli
Dedicare e riaccendere ulteriori attenzioni nei confronti di Guido Gozzano e della sua poesia non è mai eccessivo, come non lo è la pubblicazione in unico volume delle sue due raccolte poetiche, La via del rifugio e I colloqui, opportunamente prodotta dall’editrice Gammarò con un’edizione che si distingue per l’accurata curatela di Maria Teresa Caprile, il saggio “partigiano” di un innamorato di Gozzano quale Vincenzo Gueglio, e la misurata quanto completa presentazione di Francesco De Nicola.
Dopo i numerosi studi e omaggi critici firmati da nomi eminenti, da Croce a Montale a Sanguineti – giusto per citarne alcuni tra i più rappresentativi – viene ancora una volta confermata la genialità di questo sfortunato giovane torinese, che, appena ventenne, preferendo gli studi letterari a quelli giuridici, dopo una fisiologica cotta dannunziana, con la sua “vergogna di essere poeta” riesce a mettersi di traverso rispetto all’osannato ipernarcisismo del supervate nazionale, ad allearsi culturalmente con modelli italiani ed europei di tutt’altro segno, e ad elaborare una cifra originale che ne farà, malgré lui, un apripista del Novecento poetico italiano. Malgrado, cioè, la sua esibita autodiminutio sbandierata in quel rivoluzionario, irriducibile «coso con due gambe / detto guidogozzano» (tutto intero e tutto minuscolo); malgrado la sua ambigua, in parte finta, oscillazione tra letteratura e antiletteratura, vissuta all’insegna di un’intelligente gestione dell’ironia che gli consente di giocare persino con la morte precocemente affacciatasi davanti ai suoi occhi; malgrado il suo “crepuscolarismo”… piuttosto parziale se si considera la dose di coraggio necessario a contrastare la chiassosa mitologia incarnata dal prevaricante modello dannunziano.
E tutto questo grazie alla capacità di sdoppiarsi e guardarsi vivere, di entrare ed uscire dalla maschera anaffettiva e indolente costruita “ad arte”, e grazie all’abilità di sapersi muovere con disinvoltura dentro un’attrezzatissima officina, tra versi nello stesso tempo freschi ed elaborati, frutto di un confronto ravvicinato con i classici e i contemporanei, da Petrarca a Graf.
E ̵ potremmo aggiungere ̵ grazie pure alla sua costante permanenza nei paraggi del sogno, il che ha peraltro suggerito alla curatrice di intitolare questo libro con uno dei topoi tipici del Nostro, quel «… ma lasciatemi sognare» che assai probabilmente ha suggerito a Palazzeschi l’altrettanto emblematico proclama «e lasciatemi divertire».
E proprio nel suo particolare rapporto con il sogno consiste l’indubbia modernità della sua “lezione”, sviluppata nello stesso periodo in cui Sigmund Freud dimostrava l’assoluta importanza del prodotto onirico in quanto preziosa manifestazione psichica densa di significati.
E il nostro Guido come si dispone nei confronti del sogno? Intanto bisogna notare che il relativo lessema, nell’ambito dei Colloqui, registra una cinquantina di presenze latrici di diverse accezioni e sfumature, dalla più negativa, in quanto indice di fuga e di fiacchezza sentimentale, alla più nobile, allorché esso diventa un luogo privilegiato per far rivivere il passato o per allestire una sorta di psicologica comfort zone (il “rifugio” dell’anima).
In ogni caso, anche se inconsapevolmente, egli dichiara e mostra come, accanto/oltre la cosiddetta realtà, esiste una dimensione altra, tutta da vivere in modo speciale: il sogno, quindi, come vita di scorta, area dove poter entrare in contatto con la proprio identità sotterranea e con i propri intimi bisogni: più moderno di così!
Pertanto, al di là di aspetti squisitamente formali che pure fanno di Guido Gozzano una dinamica cerniera tra Ottocento e Novecento e un poeta sui generis, egli rimane un forte innovatore nel momento in cui dimostra di saper filtrare la realtà attraverso un diverso uso del sogno, indispensabile strumento il cui controcanto può diventare un controcampo dov’è possibile intercettare la profonda verità personale.
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