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FRESCHI DI STAMPA/ a cura di Antonio Lillo

Posted on: 25/08/2016

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di Antonio Lillo

 

 

Rossana Bucci, Oronzo Liuzzi, DNA, Eureka (Corato 2015)

Eureka edizioni fa capo all’omonima associazione culturale di Corato, ed è curata da Rossana Bucci e Oronzo Liuzzi, entrambi dediti all’arte e alla poesia. La collana CentodAutore, in particolare, si basa sull’idea di realizzare di ogni libro proposto una tiratura limitata in cento copie, firmate, numerate e caratterizzate da copertine originali realizzate a mano dai due autori. I libricini, pertanto, relativamente smilzi ma di grande impatto visivo, hanno la caratura di oggetti d’arte da collezione.

In particolare la plaquette in questione, inconsueta opera poetica scritta e realizzata a quattro mani dai due curatori della collana, si apre con un Dialogo di azione poetica che ribadisce le linee guida e della collana e del volume, che intende ribadire la volontà di abbattere «tutte le barriere e distanze», anche grazie alla sfida del lavoro interattivo in coppia, perché «L’artista-poeta deve esprimere la sua idea creativa non più da solo ma ponendosi nella condizione di amalgamarsi con l’altro», trovando così nell’altro una nuova libertà, non limitata nello spazio d’azione, ma doppia perché moltiplicata per due. Seguono, esemplificativamente, una decina di testi, dal taglio lirico e sperimentale insieme: «Vorrei sperperare/ un non dire/ nei sogni/ essere vivo / lucido/ tu ora/ e ancora/ e di nuovo/ e ora ancora/ essere tu fuoco ardente/ spento di ardore/ vivo nel progetto». In copertina: un’opera realizzata a collage e fogli metallici inossidabili lavorati a freddo, con interventi manuali su ogni singolo esemplare realizzati dagli stessi autori, che appunto non sono corollario dell’opera ma sua parte inscindibile.   

Roberto Rossi Precerutti, DOMENICA DELLE FIAMME, Aragno (Torino 2016)

Considerato lo stile di questo autore, l’ultima raccolta di Roberto Rossi Precerutti conferma la sua naturale appartenenza a quella che ormai, pur fra le sue molte voci, sembra la più decisa linea editoriale di Aragno: una poesia altissima, diamantina, formalmente ineccepibile, stratificata nei suoi significati, ma per questo complessa, talvolta faticosa e dunque fortemente elitaria. Domenica delle fiamme conferma tutto questo, da una parte nella scelta di un linguaggio assai ricercato e pieno di arcani, dall’altra nella costruzione di un verso che fa giustizia di tanto ciarpame pubblicato e privo di mestiere, e attraverso cui si riscopre, nella terza sezione, la perfezione intrinseca del sonetto: «È ancora buio, e per proteggere alti/ alberi di sonno o quell’insipiente/ intreccio di sillabe ecco il nepente/ di una memoria truccata: va a salti/ il cuore, brucia cosparso di smalti/ di miserabile araldica, e niente/ fa uscire firmamenti sulle spente/ terrazze del lungofiume, agli assalti/ del vento». Suddivisa in quattro misurate sezioni, due di poesia e due di prosa, alternate, la raccolta si muove tutta in queste atmosfere brumose, notturne, ma protese alla luce, alla ricerca di una fiamma, di una illuminazione. Particolarmente efficace, oltre alla terza, ci appare la quarta, formata da prose di una preziosità sublime, incentrate sull’arte e il viaggio, in un costante dialogo con la bellezza: «Non è chiara colei che si nasconde nella musica della città di vetro; sugli appunto francofortesi cola la vinaccia della luna, per lunga abitudine è, questa, l’uguaglianza della parola dove la lotta ricomincia, così, sbriciolando la presunzione delle bacche che forano l’inverno assiepato». Una lettura assai impegnativa, fedele al credo che la poesia, intesa come conquista di un’idea, richieda oltre alla passione, studio e fatica.

Patrizia Villani, SULLE TRACCE DELL’AMERICA, Moretti e Vitali (Gorgonzola 2016)

«Lascia che veda l’America compiuta,/ lascia che ascolti/ il miracolo dei suoni, delle lingue/ che hanno costruito il mio mondo, la mia vita,/ venute da lontano, da strade malconce d’Europa…». Riprendendo il tema, non originale, di un viaggio attraverso il nuovo continente, l’opera di Patrizia Villani si scopre subito per essere più ancora che un libro dedicato, un vero e proprio atto d’amore verso la terra, la cultura e la mitologia americana, fino a renderlo, nel suo diffuso citazionismo, un’opera quasi enciclopedica se non proprio didascalica su tale pianeta. Fortissima infatti, e assai trasversale, la componente citazionistica, in chiave tanto letteraria (da Auden a Dashiell Hammett, da Neil Young a Paul Simon, da John Steinbeck a John Ford) quanto storica (da Cortez a Little Big Horn, dal Mayflower alla conquista dell’Ovest, da Woodstock alla fine del sogno americano). Tutto questo attraverso una serie di capitoli tematici che, nel loro insieme, creano un vero e proprio poema di sapore quasi metamorfico, le cui storie, attraverso vari scarti temporali, si susseguono l’una nell’altra confondendo storia, letteratura e autobiografia: il racconto di un viaggio tanto romanzesco quanto esistenziale, nel solco di una epopea tanto europea quanto americana. Seguendo l’esempio degli amati americani, il verso è spesso lungo e nitido, di sapore fortemente prosastico, la cui prima esigenza è narrativa più che musicale. Proprio per questo, se c’è un limite che si può riscontrare in tale lavoro, di cui si apprezza moltissimo la capacità di incastro di così tanto materiale e l’architettura generale dell’opera, è che per dar peso alla struttura si perde di vista il verso, che talvolta diventa vera e propria prosa con l’a capo: «Così dopo il funerale ripartiamo, percorrendo/ a rovescio spazio e tempo lasciamo l’America/ per ritornare alla vita quotidiana in un’altra città,/ un altro continente, il doppio jet lag che ci mantiene/ per qualche giorno ancora sospesi in una piega/ senza coscienza, nel limbo di questo lutto laborioso,/ quasi un sogno questa immersione breve/ nel Nuovo Mondo che ci ha lasciato frastornati,/ a cercare tra i ricordi il significato del dolore e/ dell’esistenza umana nei luoghi, nel respiro/ di un’altra cultura, nel senso di parole e gesti/ che ci appartengono ormai da entrambi i mondi/ e nella scelta di coniugare felicemente/ le nostre differenze, ben sapendo che è possibile,/ così, rimarginare le ferite della vita, e della morte». 

 

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