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Pancrazio Luisi, Figure del tempo sospeso

Posted on: 12/02/2021

Pancrazio Luisi, Figure del tempo sospeso

Edizioni del Verri, Milano 2019

 

 

di Pasquale Pellegrini

È un viaggio nel tempo, reale e, allo stesso tempo, immaginario, legato, cioè, alla memoria, quello di Luisi, viaggio in cui reale e immaginario finiscono per intrecciarsi e fondersi. «Narrava – scrive l’autore nel prologo – di un viaggio realmente intrapreso che in taluni episodi s’intrecciava con un altro del tutto immaginario: man mano che procedeva nel racconto sentiva venire meno quel confine quella stessa distinzione priva di senso. Il viaggio era uno solo e ogni tappa recava i segni di quelle precedenti e di quelle a venire».

Luisi cerca di ricostruire il senso dell’esistenza personale e collettiva attraverso le figure, i luoghi, le relazioni che appartengono al suo vissuto affidandosi alla tecnica del micro-racconto di poesia in prosa. «Sono figure – si legge in quarta di copertina – che lasciano trasparire il contributo di esperienze che hanno lasciato nella memoria di chi scrive. I luoghi si indovinano diversi, dal paesino della Basilicata (Tricarico) dove è nato Luisi, alla grande città del nord (Milano) dove è stato portato da bambino, ai vari incontri che non sempre lasciano trasparire la definizione geografica esatta».

Le figure sono concrete, i luoghi sono reali, i micro-racconti sono istantanee, scene che mettono a fuoco un attimo, una condizione, microcosmi che, nel complesso, evocano una realtà semplice, povera, ma assai varia e straordinariamente ricca di umanità e persino di ironia. Ogni istantanea è una sfaccettatura di quella realtà: «La casa era composta di un unico locale posto a piano terra diviso a metà da una tenda di stoffa grossa: di là la zona notte che faceva anche da deposito di qua la zona giorno col focolare…»; «Sotto la cattedra al maestro portava il bidello un bel braciere ardente per scaldargli i piedi e le gambe. Tra i più fortunati invece s’alternava la bacchetta ora sull’uno ora sull’altro palmo e venivano due mani rosse e calde…»; «Giunse quel giorno di tramontana un monaco del convento del Carmine una specie di fra’ Galdino del posto. Col sorriso predisposto ma che sembrava naturale mostrò la saccoccia ancora vuota che fu presto riempita da una democratica rappresentanza di noci, mandorle, salsicce e frumento…»; «Il maestro don Luigi che non era un prete un giorno prese a lamentarsi per via della ferula troppo sottile e inadatta alla bisogna e chiese perciò collaborazione a quella quinta squinternata e riottosa. Il figlio del barbiere gliene procurò una spessa tre centimetri di legno verde e nodoso: ebbe lui l’onore di inaugurare per primo l’efficacia e le virtù pedagogiche».

È un mondo, quello del sud, apparentemente cristallizzato e immobile, ma al suo interno ha equilibri consolidati in cui ogni figura ha un ruolo, una funzione. Diverso, invece, quello del nord, che per Luisi è un luogo di approdo, di immigrazione. È più dinamico e vivace, più ricco e con maggiori opportunità di lavoro, più aperto ai cambiamenti, proiettato verso orizzonti di emancipazione sociale anche per l’immigrato: «Rappresentava a suo modo una specie nuova giovane figlio di immigrati quasi istruito poco più di vent’anni era già operaio qualificato e di lì a poco sarebbe diventato specializzato. Leggeva il giornale quasi tutti i giorni era attento insomma a quello che succedeva nel mondo».

Al fondo, però, non mancano le contraddizioni, prima di tutto il pregiudizio nei confronti degli immigrati, poi il conflitto più apertamente sociale e politico. «I giornali scrissero di un giovane democratico aggredito durante la notte da una squadraccia in una via del centro e lasciato in una pozza di sangue…»; «Verso la fine di giugno si consumò una battaglia senza gloria per nessuno prima nella Piazza Leonardo poi dentro l’edificio di Architettura. Di là il solito schieramento di polizia e carabinieri di qua uno più spurio figli di borghesi e sottoproletari sfrattati da via Tebaldi e ricoverati nella facoltà da un gruppo di rivoluzionari di professione…».

Come in un teatro, vanno in scena le storie più diverse, calcano le scene i personaggi più disparati, gli equilibri non più consolidati, il tempo è convulso. Nel passaggio dal mondo cristallizzato del sud a quello dinamico del nord qualcosa si è perso qualcosa si è guadagnato, tuttavia fare un bilancio è davvero difficile e non è necessario, il treno è ancora in corsa. L’ultima parte del libro si affaccia sul quotidiano. Le nuove figure non sono gli operai, è il tempo dei manager e delle badanti, delle solitudini e delle relazioni povere. È un mondo invecchiato, lo dice l’intermezzo che apre, appunto, la terza parte. Ciascuno si aggrappa come può al suo passato, infarcendolo di nostalgie.

Il lavoro di Pancrazio Luisi intende enfatizzare il vissuto dell’uomo nella costruzione della società, dei suoi valori. Figure del tempo sospeso, in fondo, è il racconto dell’Italia costruito mediante le numerose microstorie personali e collettive; un racconto non sempre indolore in cui tutti, però, hanno un peso specifico. Il senso di tutto questo è nelle ultime parole dell’opera: «Sulla soglia della vecchiaia amava rappresentarsi il secolo breve con l’immagine banale e frustra della medaglia: su di una faccia tutti gli orrori sull’altra le più grandi speranze di riscatto di giustizia di libertà che si potessero desiderare. Il resto della sua vita fu un continuo riguardare quella medaglia virtuale un continuo ripensare ora all’una ora all’altra faccia».

«Il tempo sospeso – chiude la quarta di copertina – è quello che senza nessuna intenzione realistica o di epopea, delinea passo passo, una pagina alla volta, un viaggio interiore che forse persino l’autore alla fine si è accorto essere un percorso».

1 Response to "Pancrazio Luisi, Figure del tempo sospeso"

Un ringraziamento particolare a Pasquale Pellegrini per questa recensione al tempo stesso penetrante ed esplicativa. E grazie, ovviamente, alla Direzione della rivista. Pancrazio Luisi

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