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MICHEL HOUELLEBECQ, CONFIGURAZIONI DELL’ULTIMA RIVA

Posted on: 13/12/2015

MICHEL HOUELLEBECQ, CONFIGURAZIONI DELL’ULTIMA RIVA

BOMPIANI, MILANO 2015

 

 

di Alida Airaghi

 

Non avendo mai letto un romanzo di Houellebecq, avendo visto solamente il film tratto dal suo libro Le particelle elementari, e seguito piuttosto distrattamente le polemiche sul suo anti-islamismo, forse non è stata un’ottima idea approcciare la sua produzione letteraria attraverso le poesie appena pubblicate da Bompiani. Perché queste Considerazioni dell’ultima riva mi sono parse piuttosto banali, sia dal punto di vista contenutistico sia formalmente.

Il volume è scandito in cinque sezioni, in cui l’autore sermoneggia un po’ su tutto: sui destini del mondo, sull’invecchiamento e sulla morte, sul sesso e soprattutto sul suo taedium vitae. E lo fa servendosi dello stile più tradizionale e scontato, rispettando noiosamente una metrica martellante e collaudatissime rime, inframezzando lirica e prosa, cantilene e finte provocazioni, volgarità che non scandalizzano più nessuno e anatemi ideologici.

Ci troviamo quindi a leggere versi e meditazioni imbastite di un trito nichilismo filosofico (“Sparita ogni credenza / Che faceva edificare / Essere e santificare, / Abitiamo l’assenza”; “Niente è riparabile dai viventi, / Niente dopo la morte sussiste”; “Dapprima l’universo è estraneo. Poi, a poco a poco, diventa ostile. Anche lui è sofferenza. // E si spera sempre”; “Ogni futuro è necrologico / Solo il passato ci strazia, / Il tempo del sogno e della grazia, / La vita non ha nulla di enigmatico.”). Qua e là fluttua un didascalico paternalismo, che si manifesta in perle di saggezza da Baci Perugina: “Quelli che hanno paura di morire hanno anche / paura di vivere”, “Dov’è il paradiso? / E gli dei dove sono fuggiti?”

Houellebecq esprime una desolazione che nemmeno l’incanto della natura ha il potere di consolare, tanto le sue visioni risultano retoriche: “Il mondo è piatto, interminabile; / Si leva un volo di cormorani”.  Persino il sesso (nell’originale sezione Memorie di un cazzo) non offre più alcuna salvezza, soffocato da misoginia, trivialità, monotonia: “Ho vissuto di avventura, / Preservativi smessi / Visitato fin dentro la natura, / Trovandola  malmessa”. Le rare tenerezze sono riservate a poche affettuose presenze di un passato familiare, ma descritte in toni volutamente dimessi, quasi rassegnati: “Sento contro la mia la tua pelle, / Me ne ricordo, me ne ricordo / E vorrei che tutto ritornasse, / Sarebbe bello”.

In conclusione, queste Considerazioni più che dell’ultima riva paiono dell’ultima spiaggia, perché proprio così sembra volersi descrivere l’autore, in patetici e ribaditi autoritratti, quasi costringendosi a un accorato lascito testamentario che rifiuta a se stesso e al mondo qualsiasi  possibilità di riscatto futuro: “Aspettando il volo destinazione Alicante / Dove la mia vita continuerà / Per qualche anno ancora / In compagnia del mio cagnolino / E delle gioie (sempre più brevi) / E dell’aumento regolare delle sofferenze / In questi anni che precedono immediatamente la morte”. 

 

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«incroci» – semestrale di letteratura e altre scritture

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