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Posts Tagged ‘Rita Pacilio

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Rita Pacilio, Il bambino d’oro

peQuod, Ancona 2022

di Carmine Tedeschi 

Da quando la narrativa contemporanea orientata allo scavo psicologico  ha segnato il  suo robusto percorso nella storia letteraria, hanno trovato in essa posto sempre più largo i vari aspetti della sessualità, con patologie annesse e connesse; e ciò sia nella dimensione individuale, sia nelle necessarie ricadute relazionali, sia, infine, nel mutamento dei costumi e della mentalità collettiva. 

     Se ci soccorre la memoria, tra i tanti modi di praticare la sessualità compare raramente e solo di passaggio, o niente affatto, quello dell’autoerotismo: il “vizio solitario”, come lo si chiamava pudicamente un tempo, di cui la fantasia popolare profetizzava in funzione dissuasiva tremende conseguenze per gli adolescenti ad esso inclini, quali la cecità, il nanismo,  la pazzia. Stiamo parlando della masturbazione. Leggi il seguito di questo post »

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Rita Pacilio, Cosa rimane

AUGH Edizioni, Viterbo 2021

di Carmine Tedeschi

Questo breve romanzo (poco più di cento pagine) assume ben presto, nel corso della lettura, l’andamento narrativo di uno di quei bilanci inevitabili quando sei in piena maturità, perché dettati dall’urgenza di trovare un senso al vissuto e, soprattutto, “a cosa rimane” da vivere.

       Per la matura Lorena, impegnata attivamente nel volontariato a favore di immigrati e barboni, in apparenza quindi con le carte in regola perché quel senso (o almeno un accettabile equilibrio) lo abbia già trovato, l’evento scatenante che la rigetta fra i marosi del dubbio esistenziale è costituito dal lascito di una sua cara amica uccisa del cancro. Il lascito consiste in una semplice borsa con dentro qualche oggetto (tra l’altro una cavigliera, il cui significato sarà chiarito nel seguito del racconto) e una chiavetta USB con dei file. Leggi il seguito di questo post »

di Marc Tibaldi

Innanzitutto poeta, ma anche sociologa, musicista, editrice, Rita Pacilio articola questa identità molteplice con grande sensibilità, valorizzando la propria visione trasversale e concatenante. Le sue poesie e i suoi libri – in particolare Gli imperfetti sono gente bizzarra – sono stati tradotti in francese, spagnolo, arabo, rumeno, greco e hanno ricevuto importanti riconoscimenti in Italia e all’estero.

Quali sono stati i primi tuoi riferimenti di scrittura? Riesci a ricostruire a posteriori una genealogia?

Grazie a una bravissima insegnante, fin dalle elementari, mi sono appassionata ad Aldo Palazzeschi, e attraverso la sua poesia mi sono resa conto che la parola può essere arricchita di tanto senso emotivo, che è l’espressione più bella della musicalità insita nella natura e nel nostro corpo. Gli amori di scrittura degli anni successivi sono stati Pavese, Gatto, Cardarelli, e poi, fondamentale, è stato l’incontro con la sensibilità estrema di Dino Campana. Non riesco a trovare una genealogia tra la mia ricerca attuale e le letture di formazione. Attraverso lo studio della storia della letteratura mi sono lasciata rapire da scrittori e poeti molto distanti, da Shakespeare ad Artaud. Sento che dietro di me c’è un insieme molto diverso di riferimenti. Per esempio, penso che Pascal pur non essendo ricordato come poeta abbia fatto vera poesia, le lettere alla sorella Jacqueline, hanno una forte temperatura poetica, così pure le lettere di Grazia Deledda a Luigi Albertini, la stessa poesia che ritrovo nelle lettere di Kafka a Milena, dove ogni frase è visionaria. La poesia, per me, non è esclusivamente il verso, la metrica, e proprio da queste riflessioni ho concepito L’amore casomai, dalla possibilità di vedere la poesia nella costruzione sintattica della prosa, tenendo anche presente la ricerca di Caproni, Sanguinetti e altri che hanno spostato l’attenzione sulla prosa poetica. Leggi il seguito di questo post »

Rita Pacilio, Prima di andare

La vita felice, Milano 2016, 75 pp.

 

 

 

di Marta Lentini

È un dolce groviglio di sensazioni ciò che suscita la lettura di Prima di Andare, un libro, edito da La vita felice, di Rita Pacilio (poetessa, scrittrice, sociologa beneventana), che intreccia i temi della solitudine, della perdita e del ricordo intorno al nodo centrale dell’assenza.

Il libro alterna poesie a lettere. La “Prima Lettera” è l’espressione di un tentativo di trovare un colloquio mentale con l’amore vissuto durante la giovinezza, attraverso un dialogo in cui un mare, custode dei ricordi, avviluppa e restituisce immagini e scenari tanto sbiaditi, quanto potenti nel risvegliare il dolore. ‹‹Sono io la storia. Sembri lo scialle di mia madre sul collo freddo e bianco, come la barca arrivata sulla riva,sul litorale più vicino agli sciacalli, adesso sei sul mio collo, tra il cervello e le spalle, sei pensiero››. Leggi il seguito di questo post »


«incroci» – semestrale di letteratura e altre scritture

direzione: Lino Angiuli •  Daniele Maria Pegorari • Raffaele Nigro

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