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di Daniele Maria Pegorari

La recente uscita per Minimum fax di un bel libro di Alessandro Gazoia (noto nella blogosfera come Jumpinshark), Come finisce il libro. Contro la falsa democrazia dell’editoria digitale, sollecita nuove riflessioni a sostegno del nesso, a mio avviso molto stretto, fra precarizzazione dell’esistenza, crisi del capitalismo e digitalizzazione della filiera editoriale. Nel mio post precedente (a proposito di un saggio di Alessandro Ludovico) avevo puntato il dito sull’impermanenza delle fonti online, col paradosso per il quale il web è, sì, lo spazio in cui l’informazione raggiunge la sua massima intensità di flusso e, per certi aspetti, la sua eternità (una calunnia individuale, un documento pedopornografico, una falsificazione ideologica possono non sparire mai, a patto che qualcuno ne abbia salvato il contenuto e magari l’abbia sprofondato nel deep web, dove potrà continuare a propagarsi come un virus o come un parassita), ma al contempo è un archivio in cui le fonti possono rapidamente e senza preavviso essere spostate, rimosse o collocate sotto altra ‘etichetta’, divenendo, di fatto, generalmente non rintracciabili. Il che, invece, sarebbe un diritto inalienabile per chiunque, oltre che un’inderogabile necessità epistemologica. Gazoia, concentrando la propria attenzione soprattutto sul tema del self-publishing (e indichiamo così, complessivamente, sia i siti di auto-pubblicazione di libri elettronici, sia le piattaforme dei blog gratuiti, proprio come quella su cui ‘si appoggia’ il blog che stai leggendo), suona l’allarme per i tanti autori digitali che affidano i propri contenuti a questi nuovi media, ignorando la loro pericolosissima labilità. Leggi il seguito di questo post »

di Daniele Maria Pegorari 

È appena apparso su L’osservatore quotidiano (blog legato alla giovane casa editrice marchigiana Sigismundus) un breve articolo del poeta-editore Davide Nota che rispolvera la nota contrapposizione fra old economy (industrialismo) e new economy (capitalismo cognitivo e postindustriale). Egli vi scrive, infatti: «Ha ragione chi sostiene che il passaggio da una società di tipo industriale e corporativo, animata da grandi raggruppamenti politici ed economici (e relativi grandi Spettacoli, nel senso che ne dà Guy Debord), ad una società di tipo inedito, il cui fondamento sia l’interazione reticolare tra piccole realtà individuali e micro-cooperative (ciò che si è chiamato negli anni ‘New Economy’, il nuovo popolo delle Partite iva) sia irrimandabile». E prosegue ipotizzando che il Movimento 5 Stelle altro non sia che la «proprietà privata di un gruppo economico che punta all’egemonia dei New Media», «un movimento populistico», cioè, «in cui l’allucinazione senza contenuti del vecchio Spettacolo novecentesco guida una massa priva di individualità», con lo scopo di mimare l’abbattimento di «un’intera ‘classe politica’» col fine reale di celebrare il «rito auto-assolutorio di un’intera ‘classe dirigente’». In altri termini, Nota parla del ‘grillettismo’ come di una nuova stagione del gattopardismo dei poteri forti nazionali. Leggi il seguito di questo post »

commenti

di Daniele Maria Pegorari 

Seguendo un consiglio di lettura di una mia studentessa, mi sono imbattuto in un dotto e interessantissimo articolo riproposto dal sito minima & moralia, facente capo alla casa editrice romana minimum fax. La pagina è firmata dall’ottimo scrittore Alessandro Leogrande e riguarda l’improvvida uscita di Beppe Grillo che recentemente ha preteso di nobilitare il proprio sfascismo antipartitico rinviando a un vecchio saggio di Simone Weil. Il contributo di Leogrande – vi consiglio di leggerlo – dimostra acutamente quanto sia travisante l’accostamento azzardato da Grillo, che evidentemente è abituato allo sciocchezzaio di Casaleggio e a un Latouche riassunto nei bignami, ma ha una certa difficoltà a sollevarsi alle altezze del pensiero politico e critico novecentesco.

Quello che mi ha stupito (e ferito e sconvolto e disorientato e disgustato), però, è stato il tenore dei commenti seguenti, che mi confermano, per la centesima volta, a quale barbarie culturale conduca la libertà di commento nei blog: e Dio non voglia che anche questo di «incroci» ne venisse infettato (se così fosse, da codirettore della testata porrei la questione della sua chiusura). Ben presto, infatti, a Leogrande ha risposto un frequentatore abituale di quel sito culturale (che dovrebbe dunque essere un lettore selezionato e motivato) il quale si è accontentato di marcare il territorio giornaliero (proprio come fanno i cani…), componendo il seguente sublime post: «Pippa megagalattica»… Leggi il seguito di questo post »


«incroci» – semestrale di letteratura e altre scritture

direzione: Lino Angiuli •  Daniele Maria Pegorari • Raffaele Nigro

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