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Ceci n’est pas un livre. Le “provocazioni minime” di Enrico Caruso

Posted on: 05/04/2017

Enrico Caruso, Provocazioni minime,

diLemma Edizioni, Capurso (Bari) 2016 *

di Sara Ricci

Tacerò sulle imperscrutabili coincidenze che mi hanno portata ad imbattermi in questo “oggetto” e sulle conseguenze di tale fortuito e fortunato incontro: mai interferire con le intenzioni, dichiarate o meno, dei Tessitori Indipendenti di Trame Potenziali (TITP), categoria fortemente sindacalizzata di strenui difensori della libertà di costrizione (e costruzione). Non posso occultare tuttavia il mio stupore di fronte alla scoperta di ciò che solo in apparenza potrebbe sembrare un libro. Ne ha in effetti l’aspetto esteriore: è dotato di copertina particolarmente gradevole al tatto, leggermente ruvida. Le impercettibili increspature della carta lasciano presagire asperità di contenuti, parole che scavano nella mente del lettore gallerie infinite, con pazienza e determinazione. Parole appuntite, arrotondate, aguzze, morbide: ciascuna adatta a modellare l’immaginario, il sogno, il suono. Ha un peso specifico di 0, 405 g e un IMC (indice di massa cartacea) pari a 1,68 (non si intravedono dunque pericoli di ipertrofia dell’Io o esuberi di materiale scrittorio): per rendere l’idea siamo in ideale equilibrio tra formato tascabile – per tasche gargantuesche – ed elegante volume da portare sempre con sé per placare la sete improvvisa di poesia, che, come affermano ormai i nutrizionisti di ogni corrente filosofica, è bevanda ipervitaminica e densa di nutrienti per il corpo e per la mente e andrebbe consumata quotidianamente in quantitativo non inferiore ai 500ml/Kg. Inoltre, il rivestimento esterno, di un bel colore neutro ma non neutrale, si adatta a tutte le stagioni e a tutti gli stili senza alcun problema di abbinamento. Una forma geometrica troneggia sulla copertina, criptico indizio, oscura premonizione: un esagono che reca, sulle sue facce, frammenti di versi, scintille di parole.

Apro il volume e scopro che la forma riappare, colorata, piena, vitale: contenuta, o meglio tenuta a freno da solchi nella carta che fungono da sostegno.

E l’esagono respira, freme, si schiude tra le dita rivelandosi per quello che è realmente: un esagHomo, un triesaflexagono ripiegato a mano, creatura vivente, poliedrica, sfuggente, origamica; un oggetto ludico che invita alla manipolazione, all’interpolazione, all’interpretazione. E dall’altro lato un blocco di fogli non rilegati, liberi di volare, mescolarsi, scombinarsi e ricombinarsi all’infinito, su cui le parole si stagliano fulminee, nuotando in uno spazio bianco e indecifrabile, una vertigine che invita al tuffo, all’immersione, all’esplorazione.

No, questo non è un libro. È uno spazio in cui creatività, libertà e ispirazione si mescolano e autore e lettore si confondono, ritrovandosi nuovamente nell’atto combinatorio, nel gioco di specchi di questo caleidoscopio di carta e parole, contenitore potenzialmente infinito di poesia. Uno spazio che valica i confini dell’oggetto stesso, proiettandosi nella dimensione fugace ed inafferrabile della scintilla, nella ribollente fluidità della lava che sgorga inesorabile e tutto pervade, nella leggerezza di un gioco che è insieme sogno, divagazione e meditazione. Versi, parole (lemmi e di-lemmi) che si inseguono sulle facce dell’exagHomo e si combinano secondo la volontà del lettore e le pieghe della sua fantasia. Frammenti di Autore che divengono tessere di altri puzzle, di altri mondi, di altre costruzioni, di altre possibili interpretazioni. Poesia nel senso più puro e poietico del termine: creazione infinita. Sillabe, parole, consonanti, vocali: materia da manipolare, da disintegrare e ricostruire, da ridisegnare, plasmare, risemantizzare.
Questo non è un libro. E questa non è una Re-Censione: da anarchica guardo con sospetto i rituali di derivazione monarchico-autoritaria; da amante della scrittura e delle potenzialità infinite, invece, posso dirlo: questo è un capolavoro.

* Ideato e realizzato in tutte le sue componenti (triesaflexagono incluso) in soli 500 esemplari numerati a mano presso Arti Grafiche Sagraf di Capurso; 24,5×17,5, fogli non rilegati e contenitore. Con una prefazione di Daniela Esposito.

1 Response to "Ceci n’est pas un livre. Le “provocazioni minime” di Enrico Caruso"

Alla creatività profusa nell’oggetto artigianartistico si addiziona quella dell’interprete, che adatta la scaltrezza d’un fiuto critico esercitato e le fresche risorse d’un linguaggio efficace alla sinuosità complessa della materia d’analisi.

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